
La gente (nella visione di un partecipante all’incontro)
La Sala Imperatore del Savoia Excelsior Palace è una cella frigorifera imbottita.
Fuori, le Rive a fuoco in una giornata rovente di fine estate.
Qui dentro, comode poltroncine color panna e un soffice gelo ovattato.
Dietro di me c’è il consigliere comunale Roberto Decarli (Trieste Cambia, organizzatrice dell’evento) che chiacchiera
con una persona seduta alla mia sinistra.
“Pensa che adesso pure le firme stanno raccogliendo contro la fusione… Ti rendi conto?”
“Beh ma si sa” -dice la persona accanto a me- “La gente è buea.“
Sullo schermo, una diapositiva mostra il titolo dell’incontro: “Hera-Acegas: le ragioni di una fusione”.
Basterebbe questo per capire cosa mi aspetta.
L’uso della parola “fusione” per descrivere questa operazione la dice lunghissima.
Sono in un teatrino di lusso e mi aspetta una recita e suppongo neppure tanto divertente, anzi.
Gli attori principali sono arrivati.
C’è il Sindaco di Trieste Roberto Cosolini.
C’è l’Amministratore Delegato di Acegas Cesare Pillon
C’è il Presidente di Hera Tomaso Tommasi di Vignano.
E poi c’è, diciamo, il narratore (che qui si chiama “moderatore” anche se non è chiaro cosa dovrà moderare dal momento che non è previsto un contradditorio)
La commedia può iniziare.
Le domande sono state concordate per toccare alcuni dei temi più controversi ma sono state impacchettate in modo da non mettere in difficoltà l’attore
ed per cercare di fargli fare la figura migliore possibile.
Si parte con Cosolini.
La domanda secca è “La fusione è conveniente per Trieste?”
Cosolini evidenzia tre aspetti.
La qualità del servizio.
L’occupazione che si dovrebbe generare.
La tutela del patrimonio comunale.
Sulla qualità del servizio ammette chiaramente di non poter dire nulla: giudicheranno i cittadini, quando si troveranno a giochi fatti sotto Hera, se la qualità è migliorata o peggiorata.
Sull’occupazione, dice che si sottoscriverà un accordo molto forte con i sindacati. Probabilmente.
Sulla tutela del patrimonio, promette che l’Amministrazione punterà a tutelarlo con questa iniziativa, ma poi non è detto che ce la faccia.
Insomma: un completo salto nel buio, però annunciato come l’Operazione del Secolo.
Cosolini è visibilmente teso e irritato: vorrebbe risultare rassicurante ma non ce la fa proprio e se ne esce con una BALLA CLAMOROSA.
Prendendosela con quelli che hanno paura che Acegas scompaia da Trieste, li attacca affermando che comunque anche se la fusione non fosse avvenuta (da notare: ne parlano sempre come di una cosa già successa anche se non è vero) qualora il Comune di Padova avesse deciso di vendere le sue quote a un privato e questo privato avesse deciso di spostare Acegas, ciò sarebbe successo in quanto Padova socio di maggioranza.
Tommasi di Vignano fa una faccia tipo “Che minchia stai dicendo?!” ma Cosolini non può vederlo e nessuno sembra notare la BALLA CLAMOROSA (per la cronaca, è Trieste a detenere la maggioranza).
Cosolini parla di un’azienda a un bivio che o dimagrisce (e non se ne parla… chi meglio di lui può sostenere questa posizione?) o “entra in un sistema”, che tradotto significa “si fa mangiare da Hera”.
Inevitabilità: d’ora in poi sarà la parola d’ordine.
E’ inevitabile che Acegas si faccia inghiottire da Hera.
Inevitabile.
Inevitabile.
Altra domanda del narratore a Cosolini: “Ma uno non potrebbe pensar male che tutte le amministrazioni comunali di Hera sono del PD?”
Testuale risposta di Cosolini: “Non è colpa mia se tutte le città più EVOLUTE del nord-Italia adesso hanno amministrazioni di centrosinistra”
Il narratore considera questa risposta esauriente e si ritiene soddisfatto.
Tocca a Pillon.
Pillon è più sicuro di sè rispetto a Cosolini, ma neppure tanto.
Attacca un pistolotto fasullo dicendo che lui è un uomo d’azienda che guarda ai numeri e non alla politica.
Peccato per Pillon che questa operazione sia tutta politica, in quanto spetta ai Consigli Comunali di Padova e Trieste l’ultima parola, e che quindi una distinzione
tra dinamiche d’azienda e dinamiche politiche qui sia del tutto impossibile.
Una cosa del genere, poi, detta da uno che nel 2011 ha regalato al PD 54.000 Euro è alquanto grottesca.
E’ senz’altro un uomo d’azienda: un uomo d’azienda DEL PD.
L’intervento rasenta la supercazzola numerica (sfilze di numeri che detti così a voce sono come niente perché ti ci perdi) e io sto per addormentarmi
quando vengo risvegliato all’improvviso da un’improvvisa incazzatura di Pillon con il consigliere comunale 5 Stelle Paolo Menis.
In un nano-secondo Pillon perde il contegno e le staffe e c’è il pericolo che esploda, ma ecco che alla terza interruzione pacata di Menis sento un urlo tipo ultras Curva Furlan alle mie spalle:
“BASTAAAA DEI!!!”
E’ un Decarli nervosissimo che, temendo possa crollare il teatrino, interviene con ruspante decisione e zittisce Menis.
Democraticamente eh, s’intende.
Tommasi di Vignano, bisogna dirlo, è un figo.
Un predatore che va a colpo sicuro.
Le beghe politiche con la gente buea se le sbrighino gli altri.
Lui conosce la Lezione: i piccoli vengono mangiati dai grandi.
Lui è con i grandi, ma non ti mangia e basta.
Una volta che ti ha divorato devi essergli grato perché sarai parte di lui e quindi i suoi successi saranno un po’ anche i tuoi.
Hera ci sta facendo un grande favore.
Basta con i campanilismi: nel Mercato Globale si muovono solo i grandi, i piccoli possono umilmente ambire a essere divorati dai grandi.
E’ – sì, esatto: avete indovinato!- INEVITABILE.
Il peggio deve ancora arrivare però.
Gli attori principali almeno capivi quello che dicevano.
Queste comparse dei sindacati sono talmente scarse che non ti puoi nemmeno godere lo spettacolo del loro asservimento perché fai letteralmente fatica
a capire quello che dicono.
Uno, con un tono arrogantissimo, ripete la frase “come dire” circa 743 volte in 5 minuti.
Potrebbero recitare la parte di Giuda in una recita scolastica delle elementari.
E sfigurare anche lì, come dire.
Poveri, poveri lavoratori se questi sono, come dire, i sindacati.
Al momento delle poche domande concesse al pubblico (gli attori devono prendere degli aerei e vanno di fretta), il suicidio appare una prospettiva allettante.
Una signora, rappresentante del Forum dell’Acqua Pubblica, riesce con due domande (scomode nelle intenzioni) a mettere con la prima in un’ingannevole ottima luce la fusione
(“L’acqua resterà pubblica?” “Certo signora, Hera è a maggioranza pubblica!” il che è vero, ma se si omette il fatto che era è composta praticamente solo da amministrazioni e uomini del centrosinistra, viene a mancare il dato politico davvero significativo!) e con la seconda a far fare alla gente che sostiene certi temi come questo dell’Acqua Pubblica la figura degli accattoni invidiosi (“E’ vero Pillon che lei guadagna 387.000 Euro all’anno? “Per mia fortuna, molti di più!”).
Il narratore a questo punto dopo aver ribadito per la 357esima volta che la trasparenza è una cosa bellissima ed è bellissimo che ci sia anche gente contraria a queste iniziative (l’ormai nota gente buea) fa terminare l’incontro al Sindaco che ci propone la minestra riscaldata dell’intervento precedente.
Praticamente sono già per le scale quando sento l’applauso della claque.
Esco dall’hotel pensando ai sospiri di sollievo che stanno tirando i protagonisti: tutto liscio, la gente (buea) se la berrà, la faccia è più o meno salva, o anche no, ma tanto chi se ne frega noi facciamo il cazzo che ci pare e chiuderemo nella Grande Cassaforte Rossa l’acqua ma – e diteci che non siamo geniali! – lasciandola formalmente pubblica così anche quando ci manderete a casa, saremo sempre noi con i nostri amministratori delegati che regalano casse di Euro al Partito a darvela!
Come dire.